Descrizione
La chiesa dei Santi Bartolomeo e Marino, più nota come Santa Rita, è uno dei luoghi di culto più cari ai riminesi.
La storia vuole che, durante l’impero di Diocleziano (III secolo d. C.), Rimini abbia deciso di rinforzare le proprie mura e abbia richiesto manodopera anche all’estero. Giunsero così dalla Dalmazia gli intagliatori Marino e Leo, i quali, oltre ai lavori di intaglio e carpenteria, si dedicarono alla difficile e rischiosa opera di cristianizzazione cittadina.
Terminate le mura, Leo si trasferì da eremita sul Monte Feltrio, mentre Marino decise di rimanere a Rimini, continuando la sua opera di conversione, allora osteggiata dalle autorità imperiali.
Dopo ben dodici anni venne scoperto per una denuncia e fu costretto a ritirarsi sul Monte Titano, dove la signora del posto, la nobile Felicissima, lo prese sotto la sua protezione. Il figlio di questa, Verissimo, giudicò inopportuno questo avvicinamento e fece di tutto per allontanare l’eremita dai suoi possedimenti. Un giorno, però, rimase paralizzato da una misteriosa malattia e la madre scongiurò l’amico cristiano di pregare per lui per salvarlo, offrendogli in cambio il dominio del monte.
La storia della prodigiosa guarigione giunse fino a Rimini, ormai libera di professare il credo cristiano, e gli abitanti, memori anche delle opere di carità e beneficenza del santo eremita, decisero di dedicargli una cappella, proprio a ridosso delle mura da lui costruite.
Oggi la chiesa ha conservato le sue sincere e umili fattezze quattrocentesche, che andarono a ingrandire il primordiale nucleo dell’edifico risalente al XIII secolo.
Accanto, nel chiostro del vecchio convento (XV sec.), in parte ancora conservato dopo i bombardamenti della II Guerra Mondiale, si trova una sorgente che la tradizione vuole esser stata scavata da San Marino stesso.
Nel 1805 accanto al nome di Marino si associò quello di Bartolomeo, la cui chiesa, vicina all’Arco d’Augusto, dovette essere distrutta, perché ormai pericolante.
Ai due si unì pure Santa Rita nel 1925, quando una sua statua votiva, molto amata dai riminesi, venne collocata all’interno della chiesa.
In essa, oltre alla suddetta statua, vi si trovano opere di grande valore: uno splendido coro ligneo intarsiato con vedute e nature morte del 1494; pale d’altare con scene della Vita di San Marino, dipinte nel tardo Cinquecento dal marchigiano Giorgio Picchi, autore anche di alcune scene negli affreschi delle volte insieme a Bartolomeo Cesi; il San Michele Arcangelo che vince il demonio dell’Arrigoni; un notevole Crocifisso ligneo tedesco d’inizio Cinquecento; e un gruppo scultoreo in gesso dedicato a Pio VI dal riminese barocco Trentanove (1784). Di pregevole fattura, infine, è l’organo risalente al XVIII secolo.